Per il bene comune della salute globale
di Andrea Stocchiero, FOCSIV
Il dibattito sull’accesso universale libero e gratuito ai vaccini come risposta sanitaria al COVID – 19, evidenzia ancora una volta la grande questione della disuguaglianza tra Paesi e ceti sociali. Dietro il problema dell’accesso vi è il tema dell’iniqua distribuzione del potere sociale economico e politico tra le nazioni e tra le imprese e l’esigenza di trasformare l’attuale sistema per garantire a tutti e tutte il bene comune della salute globale. Non è solo una questione di accesso, ma anche e soprattutto di produzione, ricerca e conoscenza, di sistemi sanitari e sociali nazionali per il benessere delle persone, a partire dai più poveri, di reti di comunità di base. Di democrazia reale.
Dal punto di vista dell’accesso il dibattito di questi ultimi mesi si è focalizzato tra chi sostiene la necessità di sospendere i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini e chi, dall’altra, propugna un approccio più soffice secondo cui le grandi case farmaceutiche, la cosiddetta Big Pharma, dovrebbero volontariamente ridurre i prezzi e aumentare le quantità dirette verso i paesi più poveri, mentre la comunità internazionale dovrebbe investire più risorse pubbliche di aiuto per l’acquisto e la distribuzione dei vaccini, grazie al programma Covax. Tuttavia, tutte queste misure non stanno funzionando. Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Salute una persona su quattro sta ricevendo il vaccino nei paesi più ricchi, mentre solo una su 500 nei paesi a basso reddito.
Papa Francesco si è già espresso a favore della moratoria dei diritti di proprietà intellettuale così come poi il Presidente statunitense Joe Biden.
La società civile da tempo sostiene l’importanza di modificare le regole del commercio internazionale, sui diritti di proprietà intellettuale, su beni pubblici come i vaccini e altri medicinali indispensabili per la vita di milioni di persone vulnerabili. In modo da anteporre il diritto alla vita a quello del profitto. Ad esempio nel comunicato del C20, ossia delle organizzazioni della società civile che partecipano al G20, si è dichiarato: Il G20 sostenga la deroga sulla proprietà intellettuale dei vaccini per porre fine alla pandemia di COVID-19 – FOCSIV
Altri leader di paesi europei sono più recalcitranti e spingono per il sostegno alle capacità produttive nei paesi poveri, che però ha bisogno di tempo ed ingenti investimenti per realizzarsi. Questa posizione in realtà difende un sistema che è centrato sull’oligopolio di mercato, quale principale strumento in grado di produrre innovazioni nel campo farmaceutico, in alleanza con i governi dei paesi più forti. In effetti questo sistema è stato capace in pochi mesi di arrivare a produrre una serie di vaccini, che secondo diversi esperti avrebbero richiesto molto più tempo.
In definitiva il sistema ha funzionato, ma solo sul versante della produzione, anche qui non sono mancate qualche pecca, soddisfacendo i guadagni ed i dividendi di Big Pharma e, al tempo stesso, i bisogni dei Paesi più ricchi, in grado di accaparrarsi gran parte dei vaccini.
È un sistema palesemente iniquo che risponde ai poteri politici ed economici dei più forti. Lasciando i bisogni dei più poveri e soprattutto il diritto alla vita al buon cuore dell’assistenzialismo. Non è un sistema multilaterale, è ancora nazionalistico a difesa delle proprie popolazioni. Purtroppo con le pandemie questo sistema non funziona. Il COVID – 19 non si ferma ai confini delle nazioni. La risposta deve essere universale.
La moratoria dei diritti di proprietà intellettuale è un piccolo passo per promuovere una più profonda trasformazione del sistema. La risposta principale, idealmente, dovrebbe stare nella costruzione di una distribuzione più equa delle capacità di conoscenza, innovazione e produzione di beni essenziali per la vita, in sistemi nazionali di sanità pubblica territoriali che interagiscono con comunità sociali di base. Questa risposta appare però ancora lontana dalla realtà o comunque ha bisogno di una serie di condizioni di non facile realizzazione.
Esistono dei passaggi da intraprendere. Innanzitutto occorre una legislazione internazionale capace di controllare e ridurre gli oligopoli che concentrano il potere economico e della conoscenza. Norme sulla concorrenza internazionale che sappiano limitare la Big Pharma così come la Big Tech, le grandi multinazionali tecnologiche e del digitale che con la pandemia hanno incrementato i profitti. Mentre risultano importanti le politiche industriali rivolte a sostenere imprese nazionali e regionali capaci di innovare e produrre beni essenziali, strategici per la vita delle persone. I
In questo senso, vanno considerate le analisi delle Commissioni economiche delle Nazioni Unite presenti nei diversi continenti. Si vedano i rapporti per la trasformazione produttiva della Commissione Economica Africana come: Economic Report on Africa 2017 | United Nations Economic Commission for Africa (uneca.org)
Allo stesso modo le politiche commerciali e l’Organizzazione mondiale del commercio dovrebbero consentire la creazione di queste capacità industriali, soprattutto nei paesi impoveriti, ponendo vincoli al mantra del libero commercio a tutti i costi. La libertà del commercio non rispetta il diritto alla vita e va regolato secondo standard sociali e ambientali.
Un capitolo essenziale è quello della ricerca. La ricerca di base e le innovazioni di beni essenziali per la vita non possono essere lasciate in mano a pochi poteri economici privati internazionali. La conoscenza è un bene comune che ha bisogno di un sistema multilaterale pubblico. Le università e i centri di ricerca devono essere liberi e aperti. Deve essere affermato il diritto umano alla scienza come promosso da UNESCO: The UNESCO Recommendation on Science and Scientific Researchers will transform working conditions, rights and responsibilities of researchers globally | Impact of Social Sciences (lse.ac.uk)
La capacità di produrre e di fare ricerca per beni strategici essenziali come i vaccini, ha però bisogno di ingenti investimenti e finanziamenti. La questione dei vaccini è, quindi, connessa a quella del debito internazionale. Fino a che i paesi impoveriti saranno sotto la pressione dei pagamenti dei debiti, attualmente ancora più difficilmente sopportabili a causa del crollo delle economie, non saranno in grado di finanziare la propria industrializzazione e ricerca.
Rispondere alla questione dei vaccini significa perciò affrontare il problema del debito. Ancora una volta Papa Francesco è intervenuto chiedendo la sua cancellazione: Il Papa: “E’ tempo di cancellare il debito dei Paesi più poveri” (agi.it). Tuttavia, le proposte della comunità internazionale sono ancora deboli.
La pandemia ha inoltre dimostrato quanto sia importante un sistema sanitario pubblico diffuso sul territorio. Questo vale per l’Italia e ancor di più per i paesi impoveriti che hanno bisogno di porre le basi di questo sistema valorizzando la medicina locale. Gli investimenti nella sanità pubblica sono una condizione essenziale per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile. Investimenti ancora una volta da sostenere con la finanza – vedi sopra la questione del debito – e con una tassazione più giusta e che colpisca soprattutto i grandi profitti da oligopoli.
Tutto è connesso: la questione dei vaccini tocca non solo l’equità nei sistemi sanitari, anche la produzione, la ricerca, il debito, la tassazione, a livello nazionale e internazionale. È dunque una questione sistemica.
Infine, l’approccio territoriale ci mostra come il sistema della sanità pubblica debba interagire con reti di protezione sociale capaci di stare con i gruppi più poveri e marginali. Le reti del cosiddetto Terzo Settore, le comunità sociali di base e di vicinato, le associazioni di mutua assistenza, sono essenziali nel rappresentare e sostenere il diritto alla vita.
Non si tratta solo di garantire una distribuzione capillare di servizi essenziali, quanto di partecipare attivamente alla costruzione dei sistemi. È una questione di democrazia. La voce dei popoli indigeni, delle periferie sociali, delle categorie marginali dovrebbe stare al centro della preoccupazione dei sistemi sanitari, delle industrie e della ricerca. Altrimenti le loro produzioni saranno sempre guidate da logiche di mercato che rispondono non ai diritti, ma alle domande di portafoglio.
Ci piace, quindi, concludere con questa raccomandazione della lettera dei movimenti popolari a Papa Francesco: “Occorre rispettare il diritto umano all’accesso alla salute per tutte le persone. I servizi dedicati e i medicamenti non possono intendersi come merci né come oggetti di lucro. I governi sono responsabili nel controllare i servizi e garantire l’accesso gratuito e universale a tutta la popolazione, sviluppando allo stesso tempo politiche di prevenzione per tutto il popolo.”