Ricostruirsi un vita tra le macerie
Il furgone della Caritas si accosta vicino a una manciata di tende bianche e blu, sparse come coriandoli ai bordi di una stradina di Iskenderun. Tutt’intorno sono solo macerie e pochi edifici ancora in piedi mangiati dalla bulimia del terremoto. Quelle tende, dello stesso colore del cielo, sono diventate la nuova casa di un gruppo di profughi siriani. Il quartiere dove vivevano, fatto di case, negozi, di vite che si incontrano ormai non esiste più perché trasformato dalla violenza del sisma in un non luogo, simile a tanti altri luoghi nel mondo feriti da calamità naturali.
Sezar, operatore della rete Caritas in Turchia, apre il cofano del bagagliaio del furgone e inizia la distribuzione del pranzo di oggi. Immediatamente un gruppetto di persone, per la maggior parte bambini, si raduna attorno all’auto. Sezar ei suoi colleghi aprono due grandi pentole, una riempita di bulgur, l’altra di salsa al pomodoro con ceci. Ogni persona in attesa riceve un piatto con una porzione generosa, insieme a un pezzo di pane e qualche verdura. E oltre al cibo, Sezar ha anche parole, sorrisi, sguardi per ognuno di loro.
“Queste persone si trovano in una situazione molto difficile”, racconta Sezar. “Portiamo cibo ai rifugiati dalla Siria, agli anziani o alle famiglie con bambini piccoli, centinaia di persone al giorno, sei giorni alla settimana”.
Nel frattempo in un grande tendone nel cortile della chiesa locale, un gruppo di ragazzi segue una lezione di biologia. Le scuole sono state chiuse dopo il terremoto e rimarranno vuote ancora per diversi mesi. Erol, insegnante di scienze, fa ora servizio come volontario. “Dopo il terremoto, molti studenti si trovavano in una profonda depressione. Da quando vengono qui per studiare, hanno iniziato a sentirsi meglio. Per superare lo shock del sisma hanno bisogno che le loro menti siano occupate, di frequentare altri coetanei”, spiega Erol. Diversi docenti volontari lavorano con tre gruppi di allievi, dalle elementari alle superiori, insegnando loro matematica, turco, inglese e biologia. Alcuni di questi ragazzi vivono con i genitori nella casa di accoglienza organizzata nel centro della chiesa, altri invece vengono da zone limitrofe.
In una grande stanza del centro della chiesa, i volontari Caritas preparano pacchi con cibo e articoli per l’igiene. I muhtars, capi dei quartieri della città, quando i pacchi sono pronti, si occupano di distribuirli alle famiglie. Altre persone vengono invece direttamente in chiesa per chiedere aiuto. Due volte alla settimana un’équipe della Caritas visita villaggi più remoti per portare aiuti alle comunità locali.
“La cosa più importante che possiamo fare per le persone colpite dal terremoto è stare e parlare con loro, far sentire loro che non sono soli”, spiega John, il coordinatore locale della Caritas. “Hanno bisogno di qualcuno al loro fianco in modo tale che possano, passo dopo passo, ricostruirsi una vita. Ma ovviamente hanno anche bisogno della nostra assistenza diretta. Molte persone sono scappate dalle loro case letteralmente senza niente, solo con i vestiti con cui dormivano. Hanno bisogno di cibo, vestiti, medicine”.
Nelle ultime settimane il piccolo team della Caritas che lavora a Iskenderun ha raggiunto diverse centinaia di persone offrendo assistenza, riparo e programmi per i bambini. “Le prime due settimane sono state le più dure”, ricorda Sezar. “Ma sono molto felice di poter aiutare tutte queste persone. Aiutando gli altri, sto guarendo me stesso, passo dopo passo, ogni giorno”.