Amin ha ereditato dal padre un terreno
Amin ha ereditato dal padre un terreno. Gli olivi per la sua famiglia sono sempre stati una risorsa. L’olio una ricchezza. Fino alla guerra. Quella maledetta guerra che ha bloccato per quindici anni il Libano. E, per un periodo ancora più lungo, il Sud del Paese. Qui le forze armate israeliane avevano creato una zona cuscinetto. Questa occupazione ha isolato l’area e non ne ha favorito lo sviluppo.
Ora che anche gli israeliani si sono ritirati, il Distretto di Hasbaya rimane una zona isolata. Mancano vere politiche agricole che favoriscano la crescita del settore delle olive e dell’olio. Le tecniche di coltivazione vanno migliorate. Non esistono controlli di qualità sull’olio. Così solo una piccola parte della produzione viene venduta, la gran parte invece rimane nei magazzini. A ciò si aggiunge un serio problema ambientale. Gli scarti della lavorazione della filiera vengono riversati, senza essere smaltiti, nel fiume Hasbani o sui terreni agricoli. L’inquinamento è quindi elevato a fronte di un’attività economica che rende poco o nulla.
Da più di un anno Amin ha però un alleato: CELIM Milano, in collaborazione con Ingegneria senza Frontiere, Chico Mendes Onlus, e i partner locali el-Khalil Foundation e Lebanese Agricultural Research Institute, hanno lanciato il progetto «Olio e olive di qualità. Migliorare l’olivicoltura nel Libano meridionale».
«Il progetto – osserva Giulia Giavazzi, responsabile regione mediorientale di CELIM – ha tre obiettivi fondamentali: migliorare l’efficienza produttiva, creare uno stabile accesso ai mercati estero e interno, ridurre l’impatto ambientale. Pensiamo che attraverso un miglioramento dei processi di coltivazione e produzione di olio e attraverso una certificazione chiara, il prodotto possa avere un buon mercato. Tutto ciò non può prescindere da un’attenzione all’ambiente senza la quale anche il processo di produzione potrebbe essere compromesso».
Si lavora per migliorare le condizioni di 500 contadini delle aree rurali del Sud del Libano. In particolare, si collabora cooperative e frantoi locali.
«L’olio della zona è famoso in tutto il Libano – conclude Giulia Giavazzi – crediamo che, grazie al nostro impegno, insieme ai contadini locali, potremmo valorizzalo e grazie a esso potremmo promuovere la crescita di una zona oggi emarginata».