Dalla Siria a Milano: la lunga strada per un futuro possibile
Non vi è un nome, né un volto, ma sono i nomi ed i volti dei ragazzi che l’Associazione Francesco Realmonte ha introdotto nella realtà universitaria milanese e affiancati nell’acquisire la lingua italiana, fondamentale sia per poter seguire le lezioni che per poter svolgere il suo percorso di autonomia e di costruzione di un futuro inserimento lavorativo in Italia. Permettendo a ciascuno di loro di costruire un rapporto di fiducia e amicizia con gli insegnanti di italiano, che spesso li accompagnano nello scoprire la città meneghina. Un inserimento nel nostro Paese condiviso dall’Associazione con altre presenti sul territorio che si occupano degli aspetti logistico-abitativi di questi ragazzi.
Non solo è anche impegnata nel lavoro di accoglienza, ascolto e sostegno nell’ambito di progetti di resilienza assistita per richiedenti asilo ospiti di CAS e SPRAR della Città metropolitana di Milano
Per ciascuno di loro il ripartire e ricominciare una vita in un Paese diverso da quello d’origine, sperando in un futuro migliore, non significa azzerare in toto il pregresso, considerando che la memoria, e la cultura legata a quanto fino ad ora ha avuto come esperienza, costituisce l’essere profondo e identitario della persona. Per costruirsi una nuova vita non si può fare tabula rasa di quella precedente e cancellare le proprie radici. È la propria identità, che non può essere considerata come qualcosa di “intangibile” di “indefinibile”, anzi questa è un’impronta, alla stregua di quelle digitali unica, in divenire che definisce la persona, il risultato di interazioni con altri esseri umani la cui storia e cultura sono per lo più sconosciute dal nostro Paese.
Ciascuno di questi ragazzi con il tempo riesce a mettere in atto forme di resilienza e d’adattamento che gli consentono nuove modalità di vita. Imparano a sentirsi protagonisti e sentirsi persona, grazie sì ai documenti ottenuti e all’acquisizione più consapevole della lingua, ma soprattutto ai corsi di formazione professionale e/o agli studi universitari, che permettono loro di cercare un lavoro ed elaborare progetti di vita e di futuro.
Tutto ciò può essere evinto dalla storia di Boutros, che mentre frequentava il Master, si è proposto come volontario fotografo, voleva immortalare alcuni momenti significativi dei progetti in corso d’opera e, allo stesso tempo, realizzare piccoli video di presentazione dei laboratori, tra i quali quello di sartoria solidale e della ciclofficina.
A luglio scorso, grazie al suo impegno ha iniziato, come ricercatore, a prendere parte al progetto Horizon 2020, dal titolo MIMY- EMpowerment through liquid Integration of Migrant Youth in vulnerable conditions. Il suo coinvolgimento sta prevedendo la realizzazione di un video di presentazione del progetto stesso e, in particolare, sugli aspetti positivi e le difficoltà riscontrate nel processo di integrazione dei giovani migranti.
Sempre per raggiungere una propria autonomia economica lavora saltuariamente come cameriere, con la speranza di poter trovare un lavoro più affine alle sue competenze.
La sua integrazione come quella di tanti altri è iniziata, la strada è sicuramente lunga, ma oggi è in grado di sognare un futuro concreto.