Imparare da un anno drammatico per un mondo più giusto e fraterno
Riflessioni ad un anno dal lancio della Campagna Dacci oggi il nostro pane quotidiano
di Andrea Stocchiero, FOCSIV
Un anno fa circa veniva lanciata la Campagna “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Il Manifesto che sosteneva tale iniziativa indicava una traccia di riflessione che oggi possiamo in qualche modo aggiornare e rilanciare. Avendo anche a disposizione gli ultimi dati del rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile in seguito alla pandemia da COVID-19.
Altri 119-124 milioni di persone sono stati spinti di nuovo nella povertà nel 2020. 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno sono stati persi, le donne hanno subito una quota sproporzionata di perdite di lavoro e un aumento del lavoro di cura a casa. Il numero di persone che soffrono la fame, che era già in aumento prima della pandemia, è aumentato di 83-132 milioni.
La pandemia ha fermato o invertito i progressi nella salute e pone grandi minacce al di là della malattia stessa. Circa il 90% dei paesi continua a segnalare una o più interruzioni dei servizi sanitari essenziali.
L’impatto della pandemia di COVID-19 sulla scolarizzazione è una “catastrofe generazionale”.
Altri 101 milioni di bambini e giovani sono scesi al di sotto del livello minimo di competenza nella lettura, spazzando via i progressi dell’istruzione ottenuti negli ultimi due decenni.
La pandemia ha esposto e intensificato le disuguaglianze all’interno e tra i paesi. Al 17 giugno 2021, circa 68 vaccini sono stati somministrati ogni 100 persone in Europa e Nord America, contro meno di 2 nell’Africa sub-sahariana. Fino a 10 milioni di ragazze in più saranno a rischio di matrimonio infantile a causa della pandemia nel prossimo decennio.
Il mondo non ha raggiunto gli obiettivi del 2020 per fermare la perdita di biodiversità e 10 milioni di ettari di foresta sono andati persi ogni anno tra il 2015-2020.
La crisi economica nel 2020 ha fatto poco per rallentare il cambiamento climatico. Le concentrazioni dei principali gas serra hanno continuato ad aumentare, mentre la temperatura media globale era di circa 1,2°C sopra i livelli preindustriali, pericolosamente vicina al limite di 1,5°C stabilito nell’accordo di Parigi.
I flussi globali di investimenti diretti esteri sono diminuiti del 40% nel 2020 rispetto al 2019. La pandemia ha portato immense sfide finanziarie, soprattutto per i paesi in via di sviluppo, con un aumento significativo della sofferenza del debito.
Una ripresa economica è in corso, guidata da Cina e Stati Uniti, ma per molti altri paesi, la crescita economica non dovrebbe tornare ai livelli pre-pandemici prima del 2022 o 2023.
Mentre l’assistenza ufficiale netta allo sviluppo è aumentata nel 2020 per un totale di 161 miliardi di dollari, questo è ancora molto al di sotto di ciò che è necessario per rispondere alla crisi del COVID-19 e per raggiungere l’obiettivo stabilito da tempo dello 0,7% del PIL.”[1]
Per interpretare questi dati il Manifesto assumeva lo sguardo dell’ecologia integrale e dello sviluppo sostenibile, la sua visione olistica e integrata, per cercare di discernere in modo più ampio e approfondito l’impatto della pandemia del COVID-19 sulla vita del nostro Pianeta, dei nostri fratelli e sorelle.
Lo sguardo olistico guarda alle interconnessioni tra ambiente, società, economia e politica. E lo sguardo nel cuore dell’uomo alla luce della dimensione spirituale ci fa fare un ulteriore passo avanti nella comprensione di quello che sta accadendo. Esso ci mostra come viviamo in un sistema che non funziona, un sistema che Papa Francesco definisce tecnocratico e consumista, che violenta l’uomo e la natura, che fa gridare i poveri e la terra assieme. Dopo un anno dall’inizio della pandemia questo sistema sembra non abbia imparato granché dalle lezioni avute. Nonostante le dichiarazioni della comunità internazionale su “mai più come prima”, i problemi rimangono e, peggio, si acuiscono.
È vero, siamo in un’unica barca, viviamo in una Casa comune. La pandemia può raggiungere tutti, ma non siamo tutti e tutte nelle stesse condizioni. La pandemia non è stata un’occasione per ridurre le differenze tra queste condizioni. Piuttosto le ha accentuate. Ora si spera, nei paesi ricchi, negli effetti positivi dei piani di ripresa e resilienza finanziati con le risorse raccolte soprattutto attraverso le banche centrali e il mercato dei capitali internazionali, aumentando quindi il debito che dovranno pagare le prossime generazioni. Piani che non possono permettersi i paesi impoveriti, il cui debito comunque è aumentato per gli effetti depressivi della pandemia sul mercato internazionale.
Il Manifesto sottolineava la dimensione ecologia, ossia di come la pandemia non fosse scaturita dal nulla o da complotti geopolitici, ma forse dal degrado dell’ecosistema, il passaggio dei virus dagli animali agli uomini. Le deforestazioni, la diffusione dell’estrazione di risorse naturali, il consumo accelerato del suolo, portano ad una crescente perdita di biodiversità e promiscuità con maggiori possibilità di zoonosi.
Su tutto ciò la comunità internazionale non ha fatto nulla. Anzi dai dati rilevati si evince come, ad esempio, la pandemia non abbia rallentano l’estrazione di risorse e le deforestazioni in Amazzonia come in Africa. Anche la relativa riduzione delle emissioni di carbonio a seguito della crisi economica, sta ora riprendendo come e più di prima. Gli eventi stanno peggiorando, dagli incendi in Australia allo scioglimento dell’Artico dell’Antartico. Con ulteriori impatti negativi sulla biodiversità, giunta ormai alla sesta estinzione di massa[2]. Il modello estrattivo depreda e riduce la biodiversità del Pianeta. I rischi di nuove pandemie aumentano.
Analizziamo la dimensione economica e sociale. Il Manifesto indicava come la pandemia colpisse direttamente i più deboli, esposti e vulnerabili. Mentre, indirettamente, la crisi economica provocata dal COVID-19 peggiorasse le condizioni sociali, soprattutto di coloro che non hanno forme di protezione: i precari, i lavoratori in nero, i contadini nei paesi impoveriti, con un aumento della fame e dell’esclusione.
In questi mesi oltre a confermare queste conseguenze, come evidente dai dati sopra riportati, ci hanno mostrato come siano state in gran parte le donne a subire gli impatti peggiori, sia in termini occupazionali, che di aumento della povertà e delle violenze.
Questa è un’altra importantissima cartina di tornasole di un sistema diseguale. Un sistema che ha acuito la differenza anche tra paesi ricchi e paesi impoveriti, come già evidenziato dei piani di ripresa e di aumento del debito ed anche rispetto a questa dimensione economica e sociale la comunità internazionale ha fatto ben poco, nonostante la grande retorica del non lasciare indietro nessuno.
La dimensione politica continua ad essere particolarmente debole. Il Manifesto indicava come le pandemie impattino di più dove i sistemi nazionali sanitari e per il benessere sociale sono carenti e impreparati. Là dove gli Stati non abbiano messo in atto politiche a favore di sistemi pubblici di protezione diffusi sul territorio e attenti alle diverse condizioni sociali. Il caso italiano, ad esempio, ha evidenziato queste carenze, che sono ancor più profonde nei paesi impoveriti, dove mancano le risorse necessarie.
In questi mesi le disuguaglianze si sono esacerbate, la questione dell’accesso alle vaccinazioni è la punta dell’iceberg. La questione dei vaccini ci ha mostrato in modo ancor più palese come la concentrazione della conoscenza e delle capacità tecnologiche, protetta dai diritti di proprietà intellettuale, accentui le disparità di accesso. Le richieste di deroga ai diritti di proprietà siano state derubricate dalla comunità internazionale, lasciando all’assistenza il compito di distribuire vaccini per tutti. Un compito che non sarà adempiuto. Si rimarca come il sistema internazionale continui a riprodurre i meccanismi di dipendenza dei più poveri.
D’altro canto sono aumentati i ricavi e i profitti di alcune grandi multinazionali che si sono giovate della nuova condizione di distanziamento sociale per vendere i propri prodotti. Condizione che ha portato anche a evidenziare possibili pericoli di rafforzamento dei sistemi di controllo e sicurezza a discapito delle libertà di espressione e associazione, con restringimento degli spazi per la società civile. Alcuni regimi autoritari hanno tratto profitto da questa situazione, come la Cina, ma anche dentro l’Unione Europea in alcuni Stati membri, come l’Ungheria.
Il Manifesto sottolineava la dimensione culturale, antropologica e spirituale. Le crisi ambientali, sociali ed economiche, esacerbate dalla pandemia, sono frutto di un antropocentrismo e di una cultura dello scarto che non ascolta il grido della terra e dei poveri. È una cultura che non coglie che tutto è relazione. Il riduzionismo economico e tecnologico impoverisce le radici dell’uomo e il rapporto con la natura. Dimentica il soffio dello spirito. Non riconosce ciò che ci trascende.
Quest’anno di pandemia ha fatto riscoprire il senso della fratellanza. Molte sono state le iniziative dal basso di reciproco aiuto. Ci si è detti mai più come prima. Tuttavia, forse la sbornia dell’apertura ci riporta agli stessi comportamenti irresponsabili e indifferenti verso l’Altro. Cambiare la cultura è il compito più difficile, ma più indispensabile.
Abbiamo imparato che anche una pandemia non è sufficiente a cambiare i nostri modelli di vita insostenibili. La questione è profondamente culturale. Per cambiare un sistema che non funziona, non basta qualche piccola correzione, qualche riforma. Occorre imbarcarsi in una vera transizione di giustizia e di stili di vita nutrita dallo spirito.
Rilanciare le relazioni di comunità, una politica della fratellanza con il Creato e l’Umanità, la cooperazione per nuove regole del sistema che obblighino a responsabilità economiche e sociali. L’Enciclica Fratelli tutti ci indica le strade da percorrere. Occorre moltiplicare gli artigiani della pace.
Le prossime prove della comunità internazionale saranno la COP26 sul cambiamento climatico e la COP15 sulla biodiversità. Gli Stati sono chiamati ad assumersi impegni più importanti per la riduzione delle emissioni di gas serra e per la protezione della ricchezza della natura. I segnali non sono però buoni.
Già si mostrano iniziative significative multilaterali sul versante sociale ed economico. La geopolitica continua ad esser segnata da importanti competizioni tra gli attori più potenti a discapito dei paesi impoveriti. Dobbiamo essere noi a cambiare e a pretendere la transizione di giustizia.
Il cammino delle nostre comunità, il cammino anche di questa Campagna, non è terminato. La speranza che viene dalla Comunione, dall’incontro con i fratelli e le sorelle, nei territori del mondo, ci guida verso un mondo più giusto e fraterno.
[1] Lancio del Rapporto sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2021 (mailchi.mp)
[2] Sesta estinzione di massa: alla biodiversità ci vorranno milioni di anni per riprendersi – Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile