Indonesia – Le suore Alma nell’Isola di Nias con i bambini disabili in tempi di Covid-19, in attesa del Natale e del vaccino prodotto a Jakarta
di Matteo Amigoni, Caritas Italiana
“Rimanere distanziati qui in Indonesia è difficilissimo – racconta suor Shinta, la responsabile della Congregazione delle suore Alma, da Gunung Sitoli sull’Isola di Nias, impegnata da tanti anni ad aiutare i bambini disabili e le loro famiglie, nell’ambito della rete Caritas – anche se adesso ci si sta abituando: abbiamo un po’ meno paura del COVID-19 con i protocolli sanitari che il governo cerca di far rispettare, ma, nonostante ciò, l’Indonesia è il primo paese del Sud Est asiatico per numeri di contagi e di morti.”
D’altra parte si prenda la Capitale Jakarta con i suoi 12 milioni di abitanti che affollano le strade sempre trafficate e con i suoi kampung, i minuscoli villaggi tradizionali di piccole case basse popolate da famiglie di 5 o 6 persone, che circondano i grattacieli: come è possibile rispettare il metro di distanza?
Abitualmente le distanze in questo immenso arcipelago, che corre per quasi 5mila km sull’Equatore, sono più corte che dalle nostre parti. Stare in fila in Indonesia può essere un’esperienza che lascia perplesso un occidentale: si sta veramente vicinissimi. E ora? Fuori dai negozietti di tutte le strade indonesiane, ove ci si siede a chiacchierare e a bere un kopi atau te – un caffè o un the – fumando l’ennesima sigaretta, si può anche avere la mascherina, ma tutti riescono a cambiarla una volta al giorno?
“Qualcuno è ancora scettico sull’esistenza del Coronavirus – spiega padre Fredy Rante Taruk, direttore di Caritas Indonesia1, che coordina le attività di tutta la rete – altri pensano, soprattutto tra i più poveri, che il virus attacchi solamente i ricchi perchè costoro possono viaggiare e girare molto, ma che loro stessi ne siano immuni in quanto, se sono sopravvissuti finora alla loro povertà o al cibo non salutare che sono costretti a consumare o alle condizioni assolutamente non igieniche dove vivono, soprattutto nelle grandi città, cosa può fare a loro questo COVID-19? E proprio in questo campo come Caritas cerchiamo di aiutare, in collaborazione anche con il governo, per fare formazione e sensibilizzazione sull’importanza del distanziamento, del lavaggio delle mani e dell’uso della mascherina.”
A metà dicembre 2020 circa 625mila indonesiani sono stati infettati e quasi 20mila sono stati i morti2. Questi numeri, pur alti nel contesto asiatico, sono ben lontani da quelli di molti altri paesi e da quelli italiani, che si aggirano a quasi 2 milioni di contagiati con più di 65mila morti3, un triste primato dell’Europa. Anche durante le ultime elezioni locali a inizio dicembre, non sono stati creati nuovi grandi focolai, nonostante alcune previsioni negative4.
Questa è una notizia importante: molti temevano che il coronavirus potesse spargersi rapidamente in una popolazione di 250 milioni di persone con un sistema sanitario fragile, ma per ora la situazione pare sotto controllo.
“Il Governo e, in particolare, il Presidente Jokowi, cercano di fare il possibile con aiuti diretti all’economia, tramite ristori ai piccoli imprenditori e distribuendo pacchi cibo ai più poveri che hanno perso il lavoro in questi mesi di lockdown. – continua padre Fredy di Caritas – Figure pubbliche di spicco5 che non hanno rispettato i protocolli sono state incriminate: la maggioranza degli indonesiani, comunque, si è adattata alle nuove regole della pandemia. Anche noi di Caritas abbiamo distribuito pacchi cibo ai poveri insieme ad altre organizzazioni6, abbiamo fornito mascherine, guanti e protezioni a centri medici e ospedali. Ora ci stiamo concentrando per fornire aiuti diretti per proteggere la capacità delle famiglie di procurarsi il cibo – food security7 – con corsi di agricoltura, microcredito e sostegni vari, anche psicologici. Anche a Nias.”
Pur in questo contesto difficile generale anche l’attività delle suore della Congregazione Alma continua, proprio a Nias, una piccola isola posta lungo la costa ovest di Sumatra, all’inizio dell’Oceano Indiano, prosegue.
Lo storico Tsunami del 2004 e il terremoto del 2005, che in particolare ha distrutto Nias, ha accentuato la povertà in un’area già depressa. La situazione dei disabili, fino ad allora nascosti e non considerati, è stata, da quei giorni, seguita dalla Congregazione indonesiana delle suore Alma, che si ispirano al carisma di madre Teresa.
La loro Casa ha accolto e accoglie bambini, provenienti da tutta l’isola, abbandonati e disabili cui danno un tetto e una speranza per il futuro. Nel corso degli anni, in collaborazione con la Caritas locale della Diocesi di Sibolga, si è strutturata una squadra di operatori, volontari e suore che ha cominciato a incontrare regolarmente i ragazzi diversamente abili con visite domiciliari di riabilitazione fisica, per la fornitura di strumenti per imparare un lavoro (distribuzione di sementi o strumenti di lavoro, microcredito per attivare piccoli commerci e per l’assistenza psicologica per la famiglia su base comunitaria.
I vicini di casa sono coinvolti nelle visite per aiutare a inserire la famiglia nel contesto locale e aiutare la crescita di tutta la comunità sul tema dell’attenzione all’altro e sulla comprensione della disabilità. Sono stati realizzati anche una decina di scivoli d’accesso nei bagni di alcune famiglie per permettere ai disabili di accedere indipendentemente: la maggioranza delle famiglie a Nias non ha il bagno in casa.
“Noi dobbiamo continuare ad aiutare le nostre famiglie e i nostri ragazzi, non possiamo fermarci. Dal 2005 siamo presenti e ce la siamo cavata. – dice suor Shinta – I casi di Coronavirus qui sono ormai un migliaio, ma continuiamo a girare in tutta l’isola. Non è stato facile lavorare nelle comunità: per molto tempo non abbiamo potuto muoverci per andare a fare le nostre visite alle famiglie, che sono più di 70. Avevano anche giustamente paura che, incontrando persone diverse, i loro ragazzi potessero ammalarsi: noi, comunque, abbiamo sempre usato la mascherina. Per quanto possibile abbiamo fatto formazione sul virus per l’utilizzo delle mascherine, per la pulizia frequente delle mani e per il distanziamento sociale.”
Nelle visite settimanali alle famiglie dei diversamente abili si fa fisioterapia dedicata, a seconda delle esigenze individuali. In altri casi si lavora insieme ai ragazzi nell’imparare a leggere e scrivere semplici frasi, allo studio della matematica elementare e della lingua inglese, ma anche nel colorare e fare piccoli lavoretti. Le visite sono anche occasione sia per preparare insieme alla famiglia visitata, ai vicini e ai volontari un pranzo equilibrato nutrizionalmente, utilizzando i prodotti dell’orto coltivato a livello comunitario, sia per condividere informazioni e conoscenze scientifiche sulla disabilità, per evitare atteggiamenti di segregazione, favorendo, invece, accettazione e inclusione.
“Anche qui facciamo la DAD – didattica a distanza – da 10 mesi ormai, ma non avevamo i computer.”
Il progetto comprende anche la gestione della casa delle suore Alma che accoglie una quarantina di ragazze e ragazzi. Alcuni di loro sono bambini abbandonati, alcuni hanno avuto problemi di malnutrizione mentre erano in fasce, altri sono disabili che ricevono terapie fisioterapiche, per l’autismo e di riabilitazione: non hanno nessun altro al mondo se non le suore. Giochi e animazione sono parte integrante delle attività di ogni giorno per tutti i ragazzi disabili e non, insieme a danza, musica, sport e l’insegnamento della lingua inglese, cui si aggiunge il corso di alfabetizzazione informatica a vari livelli. Queste attività permettono ai bambini e ai ragazzi, spesso senza famiglia, di vivere in un contesto familiare e di affetti che li preparerà ad un futuro a scuola, nel lavoro e nella vita.
“Con i nostri 35 ragazzi che vivono con noi con le loro diverse abilità qui a Gunung Sitoli, in queste settimane ci siamo concentrati sui loro progetti individuali. Siamo riusciti a fare molta fisioterapia – continua suor Shinta – Con altri abbiamo fatto molta terapia occupazionale sul vestirsi, sul tenere sistemata le camere e la casa, sull’aiuto alla comunità. Certo non poter uscire di casa è stato per alcuni difficilissimo. Abbiamo un giardino, ma questi bambini vogliono muoversi, eravamo abituati a correre giù in spiaggia e ad andare a fare le gite, ad andare a fare il bagno. Ora non si può». Da 10 mesi sono bloccati nelle loro case. È una realtà, questa, non molto diversa da quella che anche in Italia molte famiglie hanno e stanno vivendo ancora. E anche sulla scuola l’esperienza è molto simile: la scuola qui è chiusa dallo scorso marzo e ha dato i compiti a casa. Noi abbiamo più di una quindicina di ragazzi che vanno a scuola. Seguirli tutti insieme è stato complicato: ve lo lascio immaginare. Loro erano tutti contenti di fare le lezioni in Zoom, ma abbiamo fatto i salti mortali per farci prestare o regalare computer usati o vecchi telefoni. E anche la connessione era un problema, ma ora grazie ad alcuni amici della comunità siamo riusciti a migliorarla, almeno un po’.”
“Siamo pronti a festeggiare anche questo Natale, avremo qualche limitazione da osservare, non potremo andare a Messa, ma lo faremo con gioia per i nostri ragazzi e per tutti noi – prosegue suor Shinta delle Alma – sperando che il vaccino possa essere pronto presto.”
All’inizio di dicembre, infatti, l’Indonesia ha ricevuto il primo lotto di 1,2 milioni di dosi di vaccino della “China’s Sinovac Biotech”, azienda cinese che sta sperimentando il farmaco anche in Brasile8. È una notizia che non è molto “passata” in Italia, ma, in realtà, anche in altre parti del mondo si sta lavorando alacremente alla corsa al vaccino.
L’azienda pubblica indonesiana “Bio farma” ha comunicato che produrrà in Indonesia proprio questo vaccino, anche se mancano ancora gli studi finali sull’efficacia, che comunque pare buona. Ciò ha dato speranza a molti indonesiani “ma vogliamo continuare a seguire le buone pratiche dei protocolli sanitari anti-Covid19 perché è l’unico modo per prevenire che il virus dilaghi – chiosa padre Fredy, direttore di Caritas Indonesia – mentre continuiamo ad aiutare chi è più povero, fragile e ai margini in questo 2020 che ha sconvolto le nostre vite.”
In queste settimane i bambini si stanno preparando per il Natale10. Stanno preparando i regali di Natale da scambiarsi e quelli da consegnare alle famiglie dei disabili in giro per l’isola. Stanno anche imparando le canzoni di Natale in indonesiano e in inglese: di solito con il pulmino della Caritas giravano per la città di Gunung Sitoli e cantavano di fronte ai negozi e nelle piazze per far sentire un po’ di magia natalizia, raccogliendo fondi per la casa. In realtà non sanno ancora cosa riusciranno a fare, ma l’impegno è sempre alto.
Quest’anno forse gli amici della comunità Alma andranno in visita direttamente presso la casa Alma, in attesa che la situazione migliorerà il prossimo anno: “il COVID-19 – dice suor Shinta – prima o poi si fermerà e potremo riabbracciarci, non è vero?.”
1Karina – Caritas Indonesia e paginaFB:Caritas Indonesia – KARINA
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