La speranza nelle coperte colorate di Samar.
Samar è fra i 500mila profughi siriani residenti nella zona di Gazientep, grande città turca al confine con la Siria. Abita nello scantinato di un palazzo, in un angusto alloggio di 30 metri quadri, dove vive insieme a suo marito e due figli.
Samar e Walid hanno 30 anni, si sono sposati poco più che ventenni ad Aleppo. Il matrimonio custodiva il piccolo sogno di lavorare insieme nella grande città siriana, nell’officina meccanica di famiglia. Della festa del matrimonio rimangono tre foto, salvate nello smartphone di Samar. Lei con boccoli biondi e lunghissimi, in abito bianco; lui in completo gessato e un sorriso così bello da illuminare il buio della guerra. Ora Samar indossa un abito nero, i capelli raccolti severi in un velo. Walid nasconde il suo sorriso fra le labbra serrate.
La loro odissea è cominciata nell’agosto 2013, quando il giovane sposo ha scelto di abbandonare la città dopo l’ennesima retata in cui gli uomini venivano arrestati e obbligati a combattere fra le fila dell’esercito lealista. Arrivato per primo Walid a Gaziantep, qualche mese dopo è stato raggiunto dalla moglie e dal primo figlio, appena nato. Samar nel viaggio verso la Turchia, aveva portato con sé le cose e i ricordi più preziosi dalla Siria, ma al confine le è stato rubato tutto, anche la fede nuziale.
La guerra aveva sgretolato l’immaginario dei loro sogni, ma Walid e Samar non si sono arresi.
L’uomo ha praticato tantissimi lavori: trasportato sacchi di farina, raccolto patate, pulito strade…. Tutto quello che era necessario per mantenere la propria famiglia, diventata più grande nel 2017 con l’arrivo della secondogenita. Purtroppo nello stesso anno Walid si è ammalato e ha subìto un’operazione allo stomaco. Da quel momento la famiglia non è più riuscita a pagare le bollette, costretta a inventarsi nuove sistemazioni e modi per vivere.
È stato allora che Samar ha deciso di iniziare a lavorare, prima come cuoca, poi come donna delle pulizie nel quartiere. Non guadagnava molto, ma poteva garantire l’asilo al piccolo Omar, mentre la neonata rimaneva a casa insieme al padre.
La coppia di sposi aveva conosciuto la Caritas in Siria, pur essendo musulmani.
Una mattina ricordandosi dei pacchi alimentari che alcuni vicini di casa avevano ricevuto nei periodi più faticosi, Samar e Walid hanno scelto di contattare il Centro di ascolto di Caritas Turchia. Omar aveva iniziato la prima elementare, la famiglia si ritrovava a dover scegliere se pagare il bus e il materiale scolastico, oppure mangiare.
Intanto Walid ogni giorno scendeva nella piazza principale in cerca di un lavoretto, qualcosa che potesse provvedere, con qualche soldo, alla cena della sera.
«Vorremmo prenderci cura dei nostri figli, ma non possiamo, è tutto così difficile», ripeteva Samar ossessivamente. Fu allora che l’incontro con la Caritas turca rappresentò per la sua famiglia un importante momento di svolta.
Dall’inizio dell’anno Caritas Turchia ha costruito un progetto per 15 donne che, come lei, desideravano mettersi in gioco per la propria famiglia, così è stato creato uno spazio dove le donne siriane hanno la possibilità di incontrarsi e scambiarsi informazioni e suggerimenti sulle tecniche di artigianato tessile tradizionale. Ogni mese Caritas si impegna a pagare il materiale ed a erogare piccoli contributi a ogni donna.
Oggi Samar vende le sue coperte multicolori al mercato e riesce a pagare i libri di scuola di Omar. Può lavorare da casa, una volta a settimana si incontra con le altre donne siriane, in uno spazio di dialogo e condivisione che diventa anche uno spazio di motivazione. Il futuro, visto da Gaziantep, continua a essere avvolto in una nube di incertezza.
I sogni dei giorni di Aleppo sembrano tanto lontani. Ma una strada si è aperta.
La speranza è che porti a panorami migliori.