L’impatto del Covid-19 peggiora la vita delle donne
Nakimuly Teddy con il suo banco, lungo la strada, dove vende olio da cucina, pomodori e cipolle.
Andrea Stocchiero, FOCSIV
Come da più parti evidenziato, la pandemia sta approfondendo le disuguaglianze, aumentando le vulnerabilità in ambito sociale, politico e nei sistemi economici. Emerge con più chiarezza come questi sistemi sia nei paesi ricchi che in quelli impoveriti, siano iniqui in termini di cattivo accesso alla sanità, di mancanza di programmi di sicurezza e di protezione sociale che a livello culturale nel rapporto tra uomini e donne1.
Infatti, i diversi impatti, provocati dal COVID-19, hanno esacerbato soprattutto per donne e ragazze. La cosiddetta “altra metà del cielo” è vittima di sistemi ingiusti e discriminatori: le donne e le ragazze in genere guadagnano meno, risparmiano meno e sono occupate in lavori precari ed a vivere vicino alla povertà.
Come scrive Papa Francesco nella recente Enciclica Fratelli tutti “[…] l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti […]” (Par. 23, Fratelli tutti). Questo sta accadendo ora, in modo particolare con la pandemia.
I primi rapporti sulla diffusione della pandemia rivelano che i più colpiti sono uomini. Anche la salute delle donne è coinvolta, sono le donne a subire le peggiori conseguenze sociali ed economiche.
Le risorse sanitarie ricollocate nel far fronte alla pandemia riducono i servizi per la salute sessuale e riproduttiva. Una recente analisi, ad esempio, pubblicata dalla rivista scientifica Lancet Global Health stima che una riduzione dei servizi per la salute materna, pari al 10-18%, può portare a 12 mila morti addizionali in sei mesi nei paesi più poveri.
Il lavoro di assistenza e cura, in gran parte sulle spalle delle donne, si aggrava, mentre continua ad essere scarsamente retribuito. Le donne devono seguire i bambini che non possono più andare dalle scuole, devono offrire assistenza ai più anziani, che sono più colpiti dal virus, devono tenere unite famiglie divise dalla pandemia, mentre i servizi sanitari sono sotto pressione ed insufficienti. Le donne nei paesi impoveriti, in Asia, America Latina e Africa, sono lavoratrici fondamentali, nel settore agricolo e nei servizi, per la sussistenza delle famiglie. La pandemia le limita in queste attività, e le porta a forti stress psicologici.
Con l’aggravarsi della diffusione del COVID-19, dello stress economico e sociale ed a causa anche dei limiti alla mobilità ed all’isolamento sociale si sono create condizioni peggiori di violenza di genere. Molte donne sono costrette a “chiudersi in casa” con i loro maltrattanti nello stesso momento nel quale i servizi a sostegno sono in sofferenza o inaccessibili.
Sono state 243 milioni le donne vittime di abusi nel 2019, e si stima che questo numero sia aumentato a causa della pandemia. In Francia, ad esempio, si è stimato un aumento del 30%, il 25% in Argentina, e così in Cipro e Singapore. Più difficile analizzare la situazione nei paesi impoveriti.
Tutti questi impatti sono ulteriormente amplificati in contesti di fragilità, conflitto ed emergenze, soprattutto nei paesi impoveriti, dove la coesione sociale è già minata e le capacità istituzionali e dei servizi pubblici e sociali sono limitate.
Molte donne sono escluse dai sistemi di protezione sociale. In Asia del Sud oltre l’80% delle donne in lavori non agricoli vivono in occupazioni informali senza alcuna protezione; in Africa sub-sahariana la percentuale è del 74% e in America latina del 54%.
La pandemia rappresenta una sfida per il mondo intero, per i sistemi sanitari, ma più in generale per i sistemi economici e sociali e a livello culturale e antropologico, dove persistono forti discriminazioni contro le donne. E’ un test per il nostro sistema umano e dello spirito che lo anima. La ripresa dovrebbe, dunque, portare ad un mondo più equo e più resiliente alle crisi future, oltre a pari opportunità e effetti concreti per le donne, effetti che dipendono da una profonda trasformazione dei modelli culturali oggi in parte patriarcali di possesso e di sfruttamento delle donne.
I governi hanno adottato pacchetti di sollecitazione e misure di emergenza per colmare le lacune in materia di sanità pubblica, prestando però poca attenzione alla cosiddetta questione di genere. È fondamentale che tutti gli Stati diano risposte collocando le donne e le ragazze – con la loro inclusione e rappresentanza, con i loro diritti oltre a quelli sociali ed economici, con gli effetti in termini di uguaglianza e protezione – al centro delle loro politiche.
Non si tratta solo di rettificare gli effetti di lunga data delle disuguaglianze, ma anche di costruire una società più giusta ed un mondo resiliente. È nell’interesse non solo di donne e ragazze, ma di tutta la società, anche dei ragazzi e degli uomini. Le donne sono le più colpite da questa pandemia, tuttavia possono essere la spina dorsale della ripresa e della resilienza delle comunità.
Per raggiungere questo obiettivo, il documento che le Nazioni Unite dedicato a questa questione, sottolinea tre priorità:
1) ASSICURARE LA PARI RAPPRESENTANZA DELLE DONNE IN TUTTI I PIANI DI RISPOSTA COVID-19 E NEL PROCESSO DECISIONALE. L’analisi mostra come in diversi ambiti, tra i quali la pianificazione economica e i piani di risposta alle emergenze, le politiche che non consultano donne o che non le includono nel processo decisionale siano chiaramente meno efficaci, mettendo in evidenza come possano anche fare maggiori danni. Le organizzazioni delle donne sono spesso in prima linea nella risposta delle comunità alla pandemia, anche solo per questo dovrebbero essere rappresentate e sostenute.
2) CAMBIARE IN MODO TRASFORMATIVO L’AZIONE PER L’UGUAGLIANZA, AFFRONTANDO LA CURA NELL’ECONOMIA, PAGATA E NON PAGATA. Nell’economia formale dei lavori di assistenza, le insegnanti e le infermiere sono le più sottopagate rispetto ad altri settori. In casa, le donne eseguono la maggior parte del lavoro di cura, in modo non retribuito e invisibile. Entrambi gli ambiti sono fondamentali per la vita quotidiana e l’economia, ma si basano su norme discriminatorie e su disuguaglianze di genere.
3) RIVOLGERSI ALLE DONNE E ALLE RAGAZZE IN TUTTI GLI SFORZI PER AFFRONTARE L’IMPATTO SOCIO-ECONOMICO DI COVID-19. E’ necessario porsi un obiettivo di genere chiaro e definito nella progettazione dei pacchetti di stimolo sociale e nei programmi di assistenza sociale, per raggiungere una maggiore uguaglianza, opportunità e protezione sociale.
[1] L’articolo è in gran parte tratto da Nazioni Unite, Policy brief: The impact of Covid-19 on Women.