Partecipare al cambiamento contro la disuguaglianza e il cambiamento climatico
di Andrea Stocchiero, FOCSIV
Le condizioni della nostra Casa comune stanno peggiorando giorno dopo giorno. Le analisi degli scienziati, tra cui l’ultimo rapporto del Panel internazionale sul cambiamento climatico (IPCC – Focal Point Italia (cmcc.it), ci indicano, ormai da anni, come sia necessario cambiare rotta, urgentemente.
Con la pandemia le disuguaglianze sono peggiorate e l’impatto del cambiamento climatico non fa che aggravare la vita delle comunità più vulnerabili, mentre i più ricchi fanno i turisti nello spazio. Forse non è più fantascienza pensare che le persone più agiate potranno allontanarsi da un Pianeta che si sta degradando per cercare altri luoghi dove vivere, come nel film Wall-E della Disney e Pixar. Tuttavia, non esiste un pianeta B.
Papa Francesco ci invita a convertirci ecologicamente e a nutrire la speranza del cambiamento. Il cambiamento si realizza giorno per giorno, modificando i nostri stili di vita, votando con il portafoglio, coinvolgendo le nostre comunità e partecipando alle iniziative che creano consenso e che chiedono con forza ai politici di assumersi le responsabilità necessarie.
Il movimento nuovo che è nato da pochi anni e che ha attirato l’attenzione mondiale è quello dei giovani che lottano per giustizia intergenerazionale, il più conosciuto è Fridays for Future di Greta Thunberg. In questi giorni abbiamo assistito ad alcuni eventi che hanno visto questo movimento agire sull’opinione pubblica e sui politici, si trattava della COP dei Giovani (Verso la COP26: Conferenza preparatoria ed evento giovani “Youth4Climate: Driving Ambition” | Ministero della Transizione Ecologica (mite.gov.it)) e della PreCOP26 tenutasi a Milano tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre.
Da evidenziare la Climate Open Platform (Home – Climate Open Platform), la piattaforma che riunisce movimenti e organizzazioni dei giovani e della società civile attenta alle questioni delle disuguaglianze e del cambiamento climatico.
Gli Accordi di Parigi della COP21 del 2015 sembravano un importante primo passo nella giusta direzione. A sei anni di distanza i risultati conseguiti sono largamente insoddisfacenti.
L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi è stato messo in discussione, tanto che ora si parla di non superare i 2 gradi. Tuttavia, tra i due valori c’è un’enorme differenza rispetto all’impatto sugli ecosistemi e alla vita delle persone che vivono nelle zone più a rischio.
Siamo stanchi che la crisi climatica non venga presa sul serio e siamo stanchi delle promesse vuote di politici e governi di tutto il mondo. Sono stati fatti timidi passi avanti, ma non si è ancora agito con la necessaria urgenza e concretezza, mentre già si abbattono su di tutti noi fenomeni meteorologici estremi, desertificazione e molti altri eventi cataclismici.
Siamo stanchi dell’opera di inquinamento e greenwashing del dibattito pubblico da parte delle compagnie petrolifere, delle lobby private e di tutti gli altri grandi devastatori del Pianeta. Pensiamo sia importante che la vita sulla Terra sia difesa dall’approccio predatorio ed estrattivista che i potenti della Terra hanno portato avanti negli ultimi secoli.
Per questo è fondamentale prendere voce in occasione della COP26 del prossimo novembre, a Glasgow (Scozia) dove si riuniranno le nazioni di tutto il mondo per decidere sul futuro di tutti gli abitanti del Pianeta.
Come società civile e movimenti vogliamo fare la nostra parte, monitorando e cercando di influenzare i processi istituzionali, in accordo con le associazioni e i movimenti che agiranno a Glasgow e che condividono il principio guida della nostra azione: la Giustizia Climatica.
Con Giustizia climatica intendiamo quel cambiamento sociale, economico e politico volto a fermare ed invertire gli effetti del cambiamento climatico e ridistribuire in modo equo risorse e benessere a livello globale, attraverso un ruolo forte degli stati e la centralità della democrazia reale e della partecipazione. Un impegno di giustizia che conferisce al riscaldamento globale una dimensione etica e politica, oltre che ambientale, e che esige di considerare l’equità dell’impatto sproporzionato dei cambiamenti climatici sui cittadini e sulle comunità, sia nelle economie ricche che in quelle impoverite. I gruppi sociali e i popoli più vulnerabili sono infatti quelli che ne subiscono l’impatto maggiore anche se sono i meno responsabili delle emissioni climalteranti complessive. I diritti dei popoli, specialmente nelle aree del mondo storicamente e/o tuttora sfruttate, devono essere tutelati.
Premettendo che:
● Nei rapporti IPCC (in particolare “Special Report: Global Warming of 1.5°C”), l’abbandono dei combustibili fossili è una costante per gli scenari di sviluppo che permetterebbero di raggiungere il traguardo degli 1.5°C. Pertanto è necessario che non siano autorizzati nuovi progetti di ricerca, estrazione, trasformazione e consumo di combustibili fossili, e che si proceda ad una graduale riconversione di quelli esistenti, procedendo verso una giusta transizione.
● UNFCCC sostiene che la transizione ad un’economia circolare sia necessaria: la produzione ed i consumi devono seguire i ritmi dettati dai reali bisogni umani compatibilmente con le risorse naturali. Abbandonando quindi l’idea di una crescita infinita in un mondo finito, anche la finanza deve cambiare radicalmente il suo approccio disinvestendo dalle fonti fossili e dai progetti estrattivi incompatibili con la tutela del pianeta e chi lo vive, reindirizzando le risorse verso iniziative realmente sostenibili e solidali.
● Affinché la lotta per la giustizia climatica segua il consenso scientifico affidandosi alla migliore scienza a disposizione e affinché la comunità scientifica abbia un ruolo attivo nel contribuire a determinare gli obiettivi ed i passaggi della transizione verso uno scenario climatico stabile e sicuro per il pianeta e chi lo vive, la conoscenza scientifica deve essere libera, gratuita, accessibile e partecipabile. Nessuno deve trarre profitto sulla conoscenza scientifica e per questo ribadiamo anche la necessità che i vaccini per il Covid siano liberi dai diritti di proprietà intellettuale
● Numerosi studi e statistiche sottolineano il legame tra crisi climatica e violazioni dei diritti umani: il cambiamento climatico mette a rischio la sicurezza ed i mezzi di sostentamento di miliardi di esseri umani. I diritti umani (includendo ma non limitandosi a quelli sanciti nella carta internazionale dei diritti umani) e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, devono essere garantiti per tutte e tutti, ovunque. Assieme ai diritti umani vanno riconosciuti i diritti della natura, così come sostenuto dalle cosmogonie indigene.
● I popoli e territori che stanno soffrendo per primi e più duramente gli effetti della crisi climatica hanno in comune un passato di sfruttamento da parte delle potenze coloniali e sono quelli che hanno minori responsabilità per la crisi climatica. La lotta per la giustizia climatica è quindi una lotta antirazzista e anticolonialista. È necessario smantellare il sistema che continua a perpetrare disuguaglianze e sfruttamento su scala globale. È necessaria l’introduzione di riparazioni verso le comunità del Sud Globale e le comunità indigene di tutto il mondo, esigendo il finanziamento immediato del Green Climate Fund e ripagandole appieno attraverso una redistribuzione di potere e risorse, nonché la cancellazione del debito dei paesi più poveri.
● La lotta per la giustizia climatica è una lotta transfemminista che promuove l’abolizione dei ruoli di genere e delle dinamiche patriarcali nella famiglia, nella società, nell’economia, nella politica ed in ogni altro contesto;
● È ormai appurato il legame tra pandemia, zoonosi e distruzione degli ecosistemi. La tutela degli ecosistemi è tutela del benessere e della salute umana, e poiché vige una relazione di interdipendenza tra ogni essere vivente, è importante che venga protetta. Al perseguimento di questo obiettivo sarà fondamentale la COP15 sulla Biodiversità che deve definire limiti più stringenti per la conservazione della biodiversità e opporsi a tutti gli interventi che la alterano, a partire dall’introduzione di specie invasive fino all’inquinamento di suolo, acqua e aria.
● La crisi climatica mette a rischio milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. Per tutelare le lavoratrici ed i lavoratori è necessaria una giusta transizione ecologica, che non può avvenire a loro spese. Devono essere definiti, attraverso percorsi partecipativi, piani per la giusta transizione per pianificare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e creare nuovi posti di lavoro e misure di giusta transizione, ammortizzatori sociali universali, formazione permanente e riqualificazione professionale. I diritti delle lavoratrici e dei lavoratori devono essere tutelati ed i loro mezzi di sostentamento garantiti durante e dopo la transizione verso un’economia sostenibile;
- Il nostro Pianeta, l’unico che abbiamo, è un bene comune condiviso da chiunque lo abiti. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e ogni migrante deve vedersi riconosciuti i diritti fondamentali, soprattutto in una situazione di crisi pandemica e climatica che aumenta le disuguaglianze su scala globale. La COP26 deve procedere speditamente per il riconoscimento dei migranti ambientali e relativo sostegno a programmi di adattamento e riparazione di danni e perdite (loss & damages).
- I progetti delle grandi opere inutili, dannose e inquinanti non sono più sostenibili e vanno favoriti interventi più localizzati che garantiscano la salute dei territori e di chi li abita.
A partire da queste premesse, la Climate Open Platform si propone di essere uno spazio di convergenza politica e organizzativa, in cui continuare un lavoro collettivo basato sul confronto e il consenso tra tutte le realtà e gli individui che vorranno prendere parte alla costruzione di questo percorso.
Inoltre Climate Open Platform valuterà la partecipazione o la solidarietà ad azioni e mobilitazioni non violente per la giustizia climatica organizzate da altri/e attivisti/e, organizzazioni e movimenti, che promuovano un orizzonte di rivendicazione coerente con questo appello.
Verso e durante questi importanti eventi vogliamo costruire un percorso che faccia sentire la nostra voce, la voce di tutte e tutti, la voce di chi vuole dare un futuro diverso al pianeta.