Libano – Tra le macerie di Beirut spuntano fiori di speranza, sono i fiori rossi della Caritas
Di Chiara Bottazzi, Caritas Italiana
Indossano tute da lavoro rosse, sia per essere riconoscibili fra le strade di Beirut, dove dal 4 agosto prestano ininterrottamente servizio, sia perché quel colore è il rosso Caritas.
Sono oltre 800 i giovani volontari di Caritas Libano, arrivati da ogni angolo del Paese per assistere la popolazione della Capitale, colpita dalla tragica esplosione del porto. 2750 tonnellate di nitrato d’ammonio, materiale altamente esplosivo, sono deflagrate nel tardo pomeriggio dello scorso 4 agosto causando almeno 200 vittime, più di 6.500 feriti e oltre 300.000 sfollati.
Alle vite spezzate, si aggiungono gli ingenti danni economici provocati dall’esplosione che secondo le ultime stime si aggirano intorno ai 5 miliardi di Euro; il colpo di grazia per un Paese già profondamente afflitto da una grave crisi economica e finanziaria che, dall’ottobre 2019, ha riversato nelle piazze migliaia di libanesi, soprattutto giovani, per manifestare contro la corruzione endemica dell’establishment politico, alimentata dal sistema confessionale, la ta’ifiyya, che genera povertà.
Nella Terra dei Cedri, infatti, si allarga sempre più la forbice sociale che separa “il Libano dei ricchi”, costituito dall’1% della popolazione che detiene il 25% della ricchezza, dal resto dei libanesi, del quale un quarto vive con meno di 5 dollari al giorno. Un processo che ha subito un’impennata negli anni successivi alla fine della guerra civile, durata 15 anni: Dal 1990 il debito pubblico si è gonfiato a dismisura, crescendo del 2mila per cento, e arrivando al 152% del PIL. Così il piccolo Libano, uno Stato grande quanto l’Abruzzo abitato da 5milioni di persone, è divenuto il terzo Paese al mondo per il peggior rapporto debito/PIL. È anche il Paese con la maggior concentrazione di rifugiati rispetto alla popolazione locale: ogni mille abitanti se ne contano più di 150, un record mondiale. Tuttavia, moltissimi fra i profughi, provenienti soprattutto dalla Siria, non hanno un’identità legale: niente documenti, niente lavoro, niente diritti.
Questo, in poche e sintetiche parole, è il quadro di una nazione perennemente in bilico poggiata su un equilibrio instabile. Uno Stato dalla storia dolorosa e complessa, così come è complessa la composizione confessionale della sua gente, appartenente a uno dei 18 riti formalmente riconosciuti. Tuttavia, mai si era arrivati in tempi recenti a una tale crisi diffusa, aggravata dalla pandemia del COVID.
Proseguono, nel frattempo, le proteste di piazza e il popolo libanese, costituito soprattutto da giovani, continua a chiedere a gran voce un nuovo Libano, libero dal consociativismo confessionale, che genera corruzione. Quei ragazzi, poco più che ventenni con in mano la bandiera nazionale, sono gli stessi che si rimboccano le maniche e liberano le strade e le case di Beirut dai detriti che l’assediano, portando dal 4 agosto aiuto alla popolazione colpita.
Tanti sono volontari di Caritas Libano che ogni giorno donano se stessi alla loro gente. Moltissime sono ragazze. Hanno lunghi capelli scuri e occhi neri mediorientali, che risaltano per contrasto sulle mascherine asettiche.
Maritta è una neolaureata in medicina. Al momento dell’esplosione si trovava nel quartiere di Hamra nella casa di alcuni suoi amici. Erano le 18.08 quando il palazzo ha iniziato a tremare. “Ho chiamato al telefono i miei genitori per sapere se stavano bene.” racconta Maritta “Subito dopo mi sono precipitata al pronto soccorso dell’Ospedale dove sto facendo il tirocinio, per dare una mano. L’ospedale era nel caos. Ogni ferito aveva bisogno dell’assistenza di almeno due medici e tre infermieri. Molte delle lesioni riportate erano gravi, i pazienti tanti e Il personale medico troppo poco, per cui molte ferite sono state ricucite senza anestesia. Non c’era tempo!”
Maritta vedeva medici e infermieri piangere mentre cercavano di concentrarsi sul proprio lavoro e salvare vite. Come i pazienti, avevano parenti e amici fra i morti e i feriti. E anche le loro case erano state distrutte o danneggiate.
“Sembrava di essere nel pronto soccorso di una zona di guerra.” continua Maritta, che dal secondo giorno dopo l’esplosione è entrata a far parte del team medico della Caritas Libano come volontaria “L’esplosione non sarebbe potuta accadere nel momento peggiore. Siamo nel mezzo di una pandemia e di una crisi economica. Gli ospedali sono privi di forniture mediche a causa della scarsità di valuta estera e dell’aumento costante dei prezzi. La crisi economica ha colpito così duramente ogni famiglia che i malati cronici potevano a malapena permettersi i farmaci per necessari anche prima del disastro.”
Vicino a lei c’è Lauren, 21 anni. È volontaria di Caritas Libano dal gennaio 2020. Anche lei come Maritta partecipa al programma formativo per i giovani della Caritas libanese Come fiori fra le macerie: una formazione teorica sulla cittadinanza attiva, la riconciliazione e la progettazione sociale e, soprattutto, un programma che permette ai giovani di vivere delle esperienze di servizio pratiche a favore delle famiglie con forte disagio economico, bambini sfollati interni o rifugiati, disabili e anziani.
Come fiori fra le macerie vuole sensibilizzare e formare una nuova generazione di libanesi, rendendoli liberi da quelle barriere settarie che lacerano il loro Paese. Vuole far fiorire nuovi cittadini per impedire lo sfaldamento di un Paese sempre più diviso.
“Insieme al team di volontari lavoriamo anche 24 ore al giorno, per ripulire le case ricoperte da macerie e distribuire cibo e acqua alle tantissime persone ormai prive di tutto.” racconta Lauren. “Ma la buona volontà non basta. “Noi volontari Caritas, semplici cittadini e operatori di varie organizzazioni e ONG locali ci diamo da fare senza sosta, ma non è sufficiente. La nostra gente ha, infatti, perso ogni riferimento e riesce a malapena a mantenersi. Per questo siamo molto grati per il supporto ricevuto da donatori e organizzazioni estere. Ne abbiamo davvero bisogno. Il Governo libanese si è come dissolto, e ancora una volta è scomparso davanti alle tante necessità sorte in seguito all’esplosione. Abbiamo bisogno dell’aiuto e del supporto di tutti, della comunità internazionale, per essere riuscire a superare questo ennesimo shock.”